La luce blu causa davvero un danno cutaneo?
La luce blu è la porzione dello spettro visibile con lunghezza d’onda compreso tra i 400 ed i 500 nm.
Studi recenti hanno dimostrato che l’eccessiva esposizione alla luce blu emessa dagli schermi dei dispositivi elettronici quali ad esempio pc, tablet e smartphone causa danno cutaneo per:
- formazione di specie reattive dell’ossigeno;
- danno al DNA;
- citotossicità per azione diretta sulla membrana;
- riduzione della capacità proliferativa cellulare.
Ho appreso le basi fisiologiche e biologiche del fenomeno al 2nd IPCE Conference tenutosi a Sestri Levante dal 3 al 5 giugno 2018, evento formativo ed informativo organizzato e promosso dalla Società Italiana di Chimica e Scienze Cosmetologiche.
Nel suo interessantissimo intervento un delegato dell’azienda Gattefossè espone in modo dettagliato i meccanismi attraverso cui la luce blu modifica e altera la pelle.
L’effetto della luce blu sui fibroblasti
I principali bersagli della luce blu sono i fibroblasti, cellule dermiche coinvolte nei meccanismi di proliferazione, adesione e motilità cellulare. In quanto riserva di fattori di crescita, i fibroblasti intervengono nei processi di riparo del tessuto dopo un danno.
L’ esposizione alla luce blu emessa degli schermi di tablet, pc e telefoni cellulari altera l’espressione dell’ 8% dei geni sul totale del genoma dei fibroblasti. Questo determina una cascata di reazioni a catena complessa:
- la down-regulation dell’ attività mitocondriale comporta riduzione della sintesi di ATP con conseguente calo della sintesi di pro-collagene di tipo 1 e proliferazione cellulare rallentata;
- le modifiche al genoma alterano profondamente i fibroblasti e l’intero processo di modellamento della matrice risulta alterato;
- i componenti della matrice vengono sintetizzati in modo anomalo, le fibre di actina perdono capacità contrattile e le interazioni cellulari con l’ambiente circostante mutano;
- La pelle appare visibilmente spenta e meno tonica, ed aumenta la possibilità di comparsa di rughe.
Consigli cosmetici per contrastare gli effetti della luce blu
In caso di esposizione costante e prolungata alla luce blu emessa dai dispositivi elettronici consiglio di inserire nella skin-care serale attivi antiossidanti e in grado di stimolare i meccanismi di riparo cellulare, di cui un interessante e innovativo esempio è la melatonina.
La melatonina nei cosmetici
Al ritmo circadiano è stato affidato il Nobel per la medicina nel 2017 e la melatonina ne è protagonista fulcro.
A livello cutaneo la melatonina stimola la sintesi di Catalasi, Superossidodismutasi e Glutatione Perossidasi, enzimi coinvolti nella neutralizzazione dei radicali liberi prodotti dallo stress ossidativo.
Per il suo potere antiossidante si è rivelata promettente in dermatologia nel trattamento di patologie cutanee associate a danno ossidativo e recentemente molteplici studi ne evidenziano potenzialità anche in medicina rigenerativa.
Recenti studi ne suggeriscono un utilizzo anche per ridurre i danni da radiazione solare: il meccanismo eziologico alla base del danno da radiazione solare è la produzione di ROS (specie reattive dell’ossigeno) e la melatonina in questo frangente può esser utile in quanto un riconosciuto antiossidante. Sono state proposte formulazioni galeniche contenenti melatonina per proteggere la pelle dal sole, e ne potete vedere un esempio cliccando qui.
Considerando che si parla di cosmetici, quindi di prodotti ad applicazione topica, si pone il problema di come la melatonina riesca a superare lo strato corneo. Per questo motivo quesiti relativi a dimensione e peso molecolare sorgono spontanei.
Conoscere i meccanismi attraverso cui la melatonina interagisce con i sistemi recettoriali permette di creare complessi molecolari attivi. In formula occorre:
- stabilizzare la molecola
- valutare se legarla o meno ad un composto carrier che ne permetta l’assorbimento
- stabilire la forma più attiva considerando i fisiologici sistemi enzimatici che potrebbero degradarla oppure quelli che invece potrebbero metabolizzarla
- modificarla per renderla attiva, cioè capace di interagire con il recettore cutaneo