SPEX è acronimo di Self-Portrait Experience. Nel metodo SPEX, attraverso l’autoscatto fotografico, vediamo una parte di noi: possiamo rappresentare le emozioni, i ricordi, le sensazioni e le paure per comprendere, accettare, superare. La foto è un dispositivo artistico che ci mostra lati che non comprendiamo appieno, o che vediamo in modo offuscato. La fotografia rende nitida l’immagine permettendoci di vedere chiaramente il nostro sentire. Una metodologia comunicativa nuova e profonda che utilizza l’arte come strumento di comprensione e guarigione. E di cui Lucia ci parla nel dettaglio in questo articolo.
Metodo SPEX: le emozioni possono aiutarci nella cura?
di Lucia Alessandrini – fotografa e facilitatrice SPEX
Come possiamo pensare che le nostre emozioni difficili possano contribuire alla nostra salute?
Tutto quello che tratteniamo, tutto quello che non diciamo, tutto quello che lasciamo inespresso mantiene una memoria dentro di noi.
Le emozioni curano nel momento in cui abbiamo la possibilità di poterle esprimere. Vero che non possiamo esprimere sempre tutto quello che proviamo nel preciso istante in cui accade ma possiamo avere degli strumenti che ci aiutano a farlo senza danneggiare chi abbiamo intorno.
Vero anche che tutto quello che accade nella nostra vita ha un profondo significato perfino quando si tratta di un evento difficile o doloroso. Darci la possibilità di liberare le emozioni più intense ci permette di dare valore a ciò che stiamo vivendo e procedere in modo più consapevole perché trasformandole scopriamo la nostra forza.
“Un’immagine di me stessa. Il mio autoritratto fotografico è il mezzo attraverso il quale posso raccontare le mie emozioni difficili, poterle vedere fuori da me e solo così trasformarle. Convertire il proprio dolore in un oggetto utile e comunicativo stimola un processo di conoscenza profonda non solo per noi stessi ma per l’intera umanità.”
Dispositivo artistico
Abbiamo di sicuro più volte rivolto la fotocamera del nostro cellulare verso noi stessi per scattarci una foto. Cosa ci aspettiamo di vedere, cosa ci aspettiamo di scoprire in quella foto? Ma soprattutto qual è stato il motivo che ci ha spinto a scattarla?
The Self-Portrait Experience – SPEX è un dispositivo artistico per la trasformazione individuale e sociale creato da Cristina Nuñez (artista e ricercatrice) nel 2004, sulla base della sua esperienza personale con l’autoritratto per superare l’auto-stigma risultante dalla sua tossicodipendenza in adolescenza.
Gli obiettivi
L’obiettivo di SPEX è trasformare le emozioni e i vissuti in opere fotografiche, lavorare sulle molteplici percezioni delle immagini per ampliare la percezione di sé, degli altri e del mondo.
Nell’autoritratto siamo allo stesso tempo AUTORE, perché siamo noi a scattarci la nostra foto, siamo SOGGETTO, perché siamo ritratti nell’immagine prodotta e siamo SPETTATORE perché possiamo guardare la nostra immagine e coglierne i molteplici aspetti. Questa potente dinamica tra i tre ruoli spinge il nostro inconscio a parlare con il linguaggio dell’arte.
L’autoritratto non ci etichetta, non ci definisce ma esprime la meravigliosa molteplicità e plasticità della nostra identità. SPEX permette a chiunque di attivare il processo creativo e trasformare le proprie emozioni e la propria interiorità in arte.
Il mio incontro con il metodo Self-Portrait Experience
Il mio incontro con Cristina Nuñez e il metodo “The Self-Portrait Experiece” ha arricchito molto la mia vita. Porto nella mia quotidianità, non solo l’azione di fotografarmi o di fotografare intorno a me ma anche l’approccio curioso e creativo nei confronti della vita. Trasformare i miei vissuti e le mie emozioni difficili in opere fotografiche diventa un processo necessario e allo stesso tempo mi permette di liberare il mio potere creativo.
Uno degli obiettivi di SPEX è imparare ad osservarsi, a riconoscersi nel proprio autoritratto fotografico e integrare ciò che appare di nuovo ai nostri occhi e accoglierlo come parte di noi, sia esso un pregio o un difetto.
Se lascio parlare le mie emozioni rispetto alle mie resistenze, i miei dolori, il mio giudizio scopro come queste possono diventare il mio punto di partenza per cogliere la possibilità di essere altro rispetto a come mi penso.
Tutto ciò insegna ad attivare la propria capacità di vedersi con oggettività, senza giudizio e darsi la possibilità di essere tutto!
L’ autoritratto diventa specchio non solo per noi stessi ma anche per chi lo osserva, parla il linguaggio delle emozioni che è un linguaggio universale, ciò significa che contiene archetipi cioè forme e simboli che si manifestano in tutti i popoli di tutte le culture. Questo vuol dire che ciascuno di noi ha in sé stesso l’intero potenziale umano. Ognuno di noi è portavoce degli altri!
Il dolore, la rabbia, la sofferenza non fanno più così paura se li lasciamo parlare attraverso il linguaggio dell’arte per diventare così i nuovi canoni di bellezza. Mostrare la propria vulnerabilità ci aiuta a ritrovare la nostra forza.
Saper trovare la bellezza e la grandezza in ogni essere umano diventa il principale obbiettivo di tale processo che ne identifica anche l’utilità sociale.
L’opera che nasce attraverso l’autoritratto fotografico non è mai pericolosa. Il processo creativo inconscio stimola i processi necessari e farà emergere ciò che siamo in grado di attraversare oggi, ciò che siamo pronti ad accogliere per procedere nella nostra evoluzione.
Come nasce un autoritratto
Il processo è adatto a chiunque e non occorre avere particolare esperienza in ambito fotografico. Predispongo il set e decido l’inquadratura.
Il processo creativo si attiva già in questi passaggi anche con la mia presenza perché agisco ascoltando l’ispirazione della mia visone estetica in quel preciso momento suggerita dalla relazione che nasce con la persona che si sta avvicinando all’esperienza.
Seguo dando le istruzioni dell’esercizio sulle emozioni e chiedo di contattare le emozioni più profonde che necessitano di emergere perché saranno proprio loro il materiale grezzo da cui potrà nascere l’autoritratto.
Durante lo scatto lascio il set completamente a disposizione della persona perché possa sentirsi accolta in un spazio intimo e sacro. Poi rientro e riguardiamo le foto insieme e invito ad osservare il proprio autoritratto come se fosse di un’altra persona.
Il lavoro continua sulla percezione e sulla scelta dei propri autoritratti secondo criteri artistici specifici che aiutano il soggetto a separarsi dalla comune idea di sé per poter accogliere la possibilità di essere altro e scoprire la propria identità molteplice.
Tutto questo processo contribuisce a raggiungere una maggior consapevolezza di sé riconoscendo il proprio potenziale e contribuendo all’aumento dell’autostima.
In una società dove la vulnerabilità è considerata una debolezza, il metodo dell’autoritratto la trasforma in forza e potenzialità.
L’autoritratto fotografico trasforma il dolore in arte. Lucia Alessandrini