Dove cercano informazioni sui cosmetici i consumatori? Tra bias di conferma e scientifichese utilizzato da influencer di dubbia competenza in materia Gaia Gualco, farmacista specializzata in Comunicazione Scientifica e Web-Editor, traccia una dettagliata analisi dell’attuale comunicazione dei cosmetici e ci dà semplici ma importanti suggerimenti per riuscire in modo autonomo a selezionare i contenuti corretti.
Quali informazioni sui cosmetici arrivano ai consumatori?
“Dottoressa, ma in questo cosmetico ci sono X e Y! Fanno malissimo!”
“Desidero un cosmetico 100% naturale, come quelli di una volta ”
“Prima di acquistare scansiono l’INCI con una app che mi dice se i componenti sono sicuri”
Queste sono solo alcune delle frasi che negli anni passati al banco della farmacia ho sentito pronunciare dalle clienti. Persone molto attente al benessere della loro pelle ma che, con mio sconcerto, erano incappate in alcune trappole di comunicazione ed in non sempre valide fonti di informazione in ambito cosmetico.
Se qui la farmacista e podcaster in Pillolepodcast Alice Loreti aveva approfondito le fonti ufficiali su cui fare affidamento quando si cercano informazioni sui cosmetici, in questo articolo vedremo quelle che spesso utilizziamo per orientarci in questo mondo e che invece possono portarci fuori strada.
App-licare con cautela
L’avvento degli smartphone ha permesso di avere accesso ad un numero enorme di informazioni, più o meno valide, letteralmente in una mano. Ci sono ad esempio app che, inquadrando l’elenco degli ingredienti (INCI) di un cosmetico dicono se ogni singolo componente è sicuro, abbinandolo ad un colore da verde (safe) a rosso (pericoloso). Chiaramente un sistema molto facile e intuitivo che però non tiene conto della complessità e dell’uso dei singoli composti.
Un esempio? I parabeni, sostanze considerate dannosissime tanto da poter causare tumori al seno. Tuttavia, alcuni di loro sono autorizzati entro determinate concentrazioni come conservanti. Sembra un cortocircuito, ma andiamo con ordine.
La storia dei parabeni è estremanente affascinante e se volete approfondire rimando a questo video.
Tornando al nostro parabene come conservante capiamo che, anche se la app ci dice che è dannoso, quello che è nel nostro cosmetico è stato autorizzato (con tutti i controlli di sicurezza del caso) ed è stato inserito per evitare che il prodotto, dopo qualche tempo, diventi una maionese andata a male. Ecco quindi il motivo per cui la app, nonostante sia uno strumento molto comodo, rimane, appunto, uno strumento a cui dobbiamo aggiungere conoscenza e buon senso.
Natura e tradizioni prima di tutto: sono informazioni sui cosmetici corrette per i consumatori?
Con il filtro della nostalgia i bei tempi andati sembrano sempre migliori di quello che forse erano in realtà. Mi permetto di ricordare alcuni “rimedi della nonna” tramandati fondamentalmente col passaparola, e che spesso vanno a braccetto con il 100% naturale, su cui è bene fare attenzione. Ad esempio, sbiancare i denti applicando il bicarbonato in polvere sui denti e spazzolando con lo spazzolino sarebbe bene evitarlo, non tanto per l’idea in sé, ma perché la granulometria della polvere è maggiore di quella che si trova nei dentifrici sbiancanti a base di bicarbonato e quindi potrebbe graffiare danneggiando lo smalto dei denti.
Un altro punto importante è utilizzare con cautela gli oli essenziali; il fatto che siano estratti naturali non significa che siano privi di rischi, a maggior ragione per il fatto che sono dei concentrati di molecole. Possono dare, infatti, irritazione, arrossamento fino ad allergia se applicati sulla pelle e in particolare su quella sensibile.
Le informazioni sui cosmetici ai consumatori viaggiano tra forum e social network
C’erano una volta i forum dove gli utenti discutevano di temi e argomenti specifici. L’evoluzione, possiamo dire, sono stati poi i gruppi di Facebook: a seguito di una domanda sotto ci sono le varie risposte. Se in alcuni casi si parla di prodotti o di marche con relative recensioni e feedback, in altri casi si cercano informazioni riguardo a come fare i cosmetici a casa utilizzando conoscenze e reazioni più o meno complesse con sostanze e strumenti accessibili al grande pubblico. Questo accade perché è facilitato lo scambio di informazioni tra persone che sono interessate allo stesso argomento e/o la pensano nello stesso modo. Sono echo chambers (camere dell’eco) cioè ambienti, in questo caso virtuali, in cui i partecipanti incontrano credenze e opinioni che coincidono con le proprie e si innesca un meccanismo di auto-rafforzamento. Il rischio è di favorire le informazioni che confermano le convinzioni già sostenute (bias di conferma).
È un atteggiamento molto umano e a livello tematico è trasversale perché le persone tendono a cercare informazioni che supportino il loro punto di vista.
Il fascino della chimica e la ricerca di informazioni da parte del consumatore per creare cosmetici in casa
Le ragioni della ricerca sono molte: passione per la cosmesi, curiosità di sapere quello che “si mette dentro”, percezione che sia più naturale. Che siano infusi o impacchi per i capelli, preparati un po’ più complessi come cold cream o saponi non cambia. Il lavoro da chimici ha sempre la sua attrattiva. Però è proprio questo che si fa: chimica con sostanze, dosaggi e reazioni. Per questo è fondamentale fare attenzione a dove si recuperano le informazioni perché il rischio di “prenderle da internet” e scoprire sulla propria pelle – letteralmente – che la formula usata ha portato dei danni è una possibilità non troppo lontana.
Un esempio: qualche anno fa, quando mancava il gel disinfettante per le mani, giravano messaggi e post su come farlo in casa. Peccato che quello che mi era stato inoltrato avesse delle dosi errate e si rischiava una brutta irritazione. Ecco perché chi formula cosmetici a livello professionale oltre allo studio, profonda conoscenza ed esperienza galenica e di laboratorio, segue anche manuali di riferimento. Per chi vuole provare a farsene in casa, con le dovute accortezze, è bene seguire le indicazioni di Farmacopea, della SIFAP (Società Italiana Farmacisti Preparatori), della SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici) e del sito di cosmetologia o anche seguire corsi dedicati con professionisti esperti.
La comunicazione scientifica del cosmetico tra influencers e scientifichese
Ma quindi approfondire la cosmesi anche solo per “passione” non è possibile? Certo che lo è, ma è è necessario sapere su quali fonti fare affidamento e su quali invece è bene avere qualche accortezza in più. Lo stesso discorso vale per gli influencer che parlano di cosmesi.
Ecco qualche suggerimento e capire a cosa fare attenzione:
- se i prodotti proposti sono Adv o gifted (in questi casi c’è rispettivamente un accordo pubblicitario o di gentilezza nel far vedere il cosmetico regalato).
- il tipo di formazione (chi mi propone il prodotto è content creator di moda e life style, make-up artist, farmacista, personal trainer…).
- se siamo noi il target dell’influencer per valori e tematiche (in questo caso saremo più inclini a seguire quei suggerimenti a discapito del senso critico).
- se la persona condivide le fonti su cui basa il proprio discorso (fa riferimento a fonti ufficiali o è un parere dato dalla propria esperienza).
- se utilizza un linguaggio appropriato/tecnico o parla “scientifichese”.
A questo ultimo punto dedico il paragrafo finale.
Lo scientifichese è costituito da parole prese dal mondo medico-scientifico ma utilizzate senza cognizione di causa per fare colpo sul proprio target ed è l’eventuale mancanza di competenze da parte di chi le utilizza a costituire un problema nella divulgazione di informazioni corrette sui cosmetici ai consumatori.
Gaia Gualco, laurea in Farmacia nel 2013, si specializza in Comunicazione Scientifica all’Università di Parma nel 2022. Ha lavorato come Web Editor per testate dedicate alla farmacia, alla salute e al biotech e su progetti didattici di health literacy.